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Napoli e il Cinema

«Napoli ha avuto un ruolo di primo piano nell’ascesa di un’altra industria del movimento: l’industria cinematografica»

David Clarke, The Cinematic City, Routledge

I fratelli francesi Auguste e Louise Lumiere, nel 1895 inventarono una macchina che, oltre a essere in grado di effettuare delle riprese cinematografiche, era capace di proiettare il girato in sala. Bastarono pochi anni e un intenso lavoro di ricerca e perfezionamento della loro invenzione, per vedere nascere il cinema come lo intendiamo ancora oggi.

Il cinema e i fratelli Lumiere arrivarono a Napoli molto presto. I Lumiere infatti, oltre a presentare e proiettare i loro stupefacenti filmati ai napoletani, ne approfittarono per girare anche alcune pellicole in città.

Di lì a poco molti fotografi e imprenditori napoletani si lanciarono con ardore nell’impresa di realizzare pellicole e sale di proiezione. Tra le prime sale di proiezione, non solo cittadine, ma in Italia, sono da annoverare il Salone Margherita nella Galleria Umberto che, nato per presentare spettacoli di Café Chantant nel periodo d’oro della Belle Epoque, adattò la sala anche a cinematografo, la Sala Iride, il cinema Marconi, il cinema teatro Odeon, la Sala Floridiana, il cinema Vomero, il cinema Regina, ecc…; anche famoso il Caffè Gambrinus si dotò di una sua sala cinematografica nei locali che affacciavano su piazza Plebiscito.

Napoli divenne ben presto un importante e florido sito di produzione cinematografica. Potremmo definirla come la Hollywood italiana, visto che nel periodo d’oro del cinema muto in città venivano prodotti la metà dei film italiani.

Napoli, dunque, all’inizio del Novecento, divenne uno dei poli della nascente industria cinmatografica italiana, assieme a Roma e Torino: nel quartiere Vomero sorsero alcune tra le prime produzioni cinematografiche italiane, come la Partenope Film dei Fratelli Troncone nel 1906, la Vesuvio Films di Augusto Turchi nel 1909 e la Polifilms di Giuseppe Di Luggo nel 1915, la quale fu rilevata ed assorbita nel 1918 dalla Lombardo Film di Gustavo Lombardo, che diventerà poi la Titanus nel 1928. Famosa fu l’attività di Elvira Notari con la sua Dora Film e di molti altri registi, produttori, attori e maestranze, che in seguito si trasferirono a Roma, allorquando il regime fascista decise di centralizzare la produzione cinematografica nella nascente Cinecittà.

Nei primi anni del dopoguerra  Napoli torna alla ribalta nel cinema con Roberto Rossellini che ambienta in città il secondo episodio del film Paisà, candidato all’Oscar. Anche Le quattro giornate di Napoli, di Nanni Loy, del 1962, viene candidato all’Oscar; mentre il napoletano Francesco Rosi gira nel 1963 Le mani sulla città.

Due film tratti da sceneggiate e dirette da Raffaello Matarazzo, nel 1949 Catene e nel 1951 I figli di nessuno, diventano trionfi cinematografici.

C’è poi la stagione della trasposizione cinematografica dei testi del drammaturgo Eduardo De Filippo, dei film comici con gli altri fratelli De Filippo, Titina e Peppino.

Un posto di rilievo nel pantheon cinematografico partenopeo è occupato dal più grande comico italiano del Novecento, Totò, protagonista di circa 100 pellicole. I suoi film sono per lo più girati a basso costo e con testi mediocri, resi unici grazie alla capacità di improvvisare e interpretare (e migliorare così le sceneggiuature) dell’attore napoletano che a pieno titolo ha scritto pagine storiche del cinema italiano. 

Nel 1981 Massimo Troisi debutta come attore e regista in Ricomincio da tre: il film incassa 14 miliardi di lire a fronte di una spesa di 450 milioni, restando in cartellone in una sala cinematografica romana per seicento giorni, vincendo due premi David di Donatello, come miglior film e miglior attore protagonista. Troisi irrompe sulla scena cinematografica italiana come un tornado che spazza via tutti i cliché della napoletanità imposta da una cultura nazionale che ancora racconta Napoli e i napoletani con intenti canzonatori, folkloristici e non di rado discriminatori. 

L’ultima pellicola di Torisi, Il postino, ottiene 5 candidature agli Oscar 1996 (miglior film, miglior attore protagonista, miglior regia, miglior sceneggiatura non originale, miglior colonna sonora), vincendo la statuetta per la miglior colonna sonora.

Anche il filosofo napoletano Luciano De Crescenzo, offre il suo contributo al cinema partenopeo con alcuni film tratti dai suoi libri best-seller, tra cui il famosissimo Così parlò Bellavista, un prezioso estratto di cultura napoletana in pellicola.

Tra la fine degli anni ’90 del XX secolo e i primi anni duemila, il cinema napoletano ritorna in auge grazie a una serie di autori e interpreti che la riscrivono e raccontano attraverso nuovi punti di vista, imponendone la maestosa pregnanza visiva.

C’è una Napoli appena accennata, donne bellissime ed eleganti, colori sgargianti e atmosfere pop con ammiccamenti all’universo almodovariano, narrata nei film di Pappi Corsicato.

C’è poi la Napoli cruenta e sanguinaria di Gomorra, portata sul grande schermo da Matteo Garrone, o anche visionaria e di denuncia di Paolo Sorrentino, un filo conduttore napoletano che sembra affiancare quella che da molti è stata definita la rinascita del cinema italiano.

Napoli si riprende la scena cinematografica con la potenza narrativa delle sue storie, dei suoi drammi, delle sue caratteristiche viscerali e contraddittorie; Napoli si riprende il cinema con gli autori ma anche con gli interpreti: Toni Servillo, Silvio Orlando, Anna Bonaiuto, Licia Maglietta, Iaia Forte, ecc… 

Mario Martone, Antonio Capuano, Paolo Sorrentino (vincitore dell’Oscar 2014 con La grande bellezza come miglior film straniero), con le loro opere catapultano nel cinema una Napoli d’autore che va oltre gli schemi della napoletanità, non più riproponibili in una metropoli imborghesita e intellettualmente stimolante e frammentata. 

C’è poi tutto il filone delle produzioni TV che attingono ai romanzi di Maurizio De Giovanni, in cui Napoli è sempre protagonista assoluta.

La Napoli del cinema e vista nel cinema contemporaneo è  un affresco in chiaroscuro che, partendo dalla città, dice molto anche sull’Italia dei nostri giorni.

Nell’ultimo decennio, il territorio napoletano ha esteso la sua vocazione naturale da “teatro a cielo aperto” a “set a cielo aperto”. Numerose produzioni cinematografiche e seriali per la TV scelgono come set Napoli, che è diventata la città italiana con il più alto numero di produzioni audiovisive. Oltre a una rinnovata e rigenerata consapevolezza riguardo al forte legame esistente tra il cinema e la città, la scelta della Regione Campania di approvare e finanziare un polo dell’audiovisivo nella ex base NATO di Bagnoli, lascia presagire un prossimo futuro nel quale i giovani napoletani e campani, potranno investire nelle professionalità dell’audiovisivo. La scuola non può rimanere ai margini e osservare questo cruciale cambiamento, legato allo sviluppo economico, culturale e sociale del territorio, ma deve esserne coinvolta e perché no, governare questo processo, almeno nella fase embrionale, curandosi della formazione dei giovani che sempre più si affacceranno al mondo dell’audiovisivo, non più come semplici fruitori o amatorial-maker ma in cerca di sbocchi lavorativi altamente professionalizzanti. 

Anche Portici, nel suo piccolo, ha offerto il suo contributo al Cinema. Infatti, la piccola città ai piedi del Vesuvio nel 1961 è l’ambientazione del film Solitudine di Renato Polselli, girato per la Aeffe Cinematografica.

Negli ultimi anni, sull’onda del crescente e consolidato interesse delle case di produzione cinmatografiche per il territorio napoletano, la città di Portici è stata set di numerose produzioni, tra le quali si segnalano le trasposizioni televisive dei romanzi di Maurizio De Giovanni, ad opera della RAI Cinema.

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I mestieri del Cinema

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Prof.ssa Iolanda Giovidelli Dirigente Scolastico                         IIS Liceale “Quinto Orazio Flacco”

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